Cammino con o senza scarpe: differenze

In risposta ad un amico del gruppo che ha posto il quesito: 

"perché con le scarpe è più facile camminare?"

Di seguito riporto alcune delle ipotesi che poterebbero un paziente che sperimenta una emiparesi a preferire di camminare con le scarpe piuttosto che senza. In questo breve articolo prendo solo in esame le facilitazioni meccaniche che ritengo le scarpe offrano durante il passo, approfondirò in seguito il tema con gli aspetti percettivi e cognitivi.
Spezzettiamo il cammino in 3 fasi e vediamo che in ciascuna di esse ci sono motivi validi che portano il paziente a preferire le scarpe


FASE DI AMMORTIZZAMENTO:
È la fase in cui nel passo tocchiamo con il tallone a terra, come sappiamo nel cammino con emiplegia avviene spesso con difficoltà, per una ridotta frammentazione della caviglia e per una riduzione della completa estensione del ginocchio, è infatti erroneo pensare che in questa fase siano le dita ad alzarsi, è il tallone che si abbassa ed è  il ginocchio a partecipare molto in questo momento. La scarpa con la presenza di un minimo di tacco permette di arrivare prima a terra rispetto al cammino scalzo esponendo chi cammina ad un appoggio di piatto o nei casi più complessi di punta

FASE DI APPOGGIO
È la fase in cui si esprime il carico sul piede, spesso con una emiplegia che ha maturato ipertono, il piede arriva a terra supinato, ovvero con il bordo laterale del piede, camminare scalzi da la percezione molto sgradevole di pericolo di distorsioni, mentre la scarpa con una suola più larga riduce questo effetto. Molti pazienti infatti sperimentano che ci sono scarpe e scarpe, e nel caso delle donne dove spesso la suola sotto è più fina per un discorso estetico, riferiscono di sentirsi meno stabili, proprio perché sono più soggette all’appoggio laterale.
Sempre in questa fase, spesso accade che quando portiamo il carico anteriormente verso le dita, queste per effetto dell’irradiazione, si “arricciano”, quando abbiamo la scarpa si arricciano meno e portarci il carico diventa meno spiacevole rispetto a portare il peso su un piede dove le dita si sono retratte. Va menzionato anche il fatto che la suola, riduce le imperfezioni del suolo e contiene l'irrigidimento del piede.

FASE DI PROPULSIONE

È il momento in cui, il piede si congeda dal suolo attraverso la sua parte anteriore. Questa a mio avviso è una delle fasi che più fanno preferire l’uso delle scarpe, infatti la flessione delle dita al suolo è molto difficile, da scalzi flettendo completamente il ginocchio spesso addirittura le dita si orientano perpendicolarmente con il suolo, determinando il rischio di “investirle” con il piede, complice anche il fatto che la partecipazione del movimento di stacco delle dita è uno degli ultimi che si recupera nel passo ( quando vedo un paziente per la prima volta è la prima cosa che osservo, quando vedo che c’è un buon movimento delle dita so che uscirà fuori un ottimo cammino). Con le scarpe, il problema di investire le dita nello stacco viene risolto perché la punta della scarpa le protegge. Se controlliamo bene, infatti è possibile che la punta della scarpa del piede con difficoltà motorie, è più consumata in punta a causa lo strusciare con il suolo.
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